Sabato vado dal barbiere. Mi affaccio nel piccolo locale. Carmelo, settantenne, è intento ad operare con una macchinetta elettrica sul capoccione di un cliente. Gli chiedo se posso, mi dice di sì, mi levo la giacca e mi accomodo sul divanetto. I due parlano e, ad un certo punto, l'uomo seduto manifesta di avere un brutto mal di gola, placche fastidiose. Gli è venuta perfino la febbre nei giorni passati e il suo medico gli ha prescritto certe medicine. "Noooooo!" interviene perentorio Carmelo, "Ma quali medicine e medicine? Lo sa che deve fare? Due gocce di succo di limone in un dito d'acqua e gargarismi a volontà! Vedrà che è una mano santa!". Il cliente sembra gradire il parere, annuisce con aria interessata e promette di provarci, "ché questi sono bei consigli" dice. Dopo qualche minuto entra un ometto, corto, in giacca e cravatta; si scappella, sorride e chiede se può; "Certo! e io che ci sto a fare?" risponde Carmelo, ridendosela. Il piccolo avvocato si leva il cappotto di fretta, lo appende e comincia a muoversi rapido, alla ricerca di un giornale che riporti l'andamento dei suoi titoli di borsa. È napoletano ed ha un'erre moscia aristocratica. Si siede non distante da me. Il legale ed il barbiere si scoprono presto coetanei, e dopo aver discusso a lungo su quanto fondamentale sia l'artigianato per questo paese, iniziano a rammentare i bei tempi andati.
"Si ricorda, Carmelo, qual era la mansione dei barbieri, una volta, oltre a fare barba e capelli?"
"Ma certo!" risponde prontamente l'uomo in camice blu, "Applicavano pure le sanguisughe alla gente! Ma ci pensa? Erano come dottori!"
Poi si ferma, mi guarda e aggiunge con una bella risata "...e magari la gente moriva!".
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